Eurasiatismo, che ne pensate?

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Antonio Grego
view post Posted on 27/9/2007, 18:45




Bene si bombardiamoli!
Anche l'Iran dato che ci siamo...
 
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SocialEma
view post Posted on 27/9/2007, 18:50




nessuno ha parlato di bombardamenti...ma si parla di sanzioni economiche, di cessare i rapporti commerciali e politici...di prendere altri tipi di provvedimenti non violenti...almeno di cercare di pacificare la situazione con la diplomazia...non si puo lasciare che uccidano la gente indifesa sparando in mezzo alla folla...bisogna almeno dichiarare e manifestare la propria contrarietà...
 
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Antonio Grego
view post Posted on 27/9/2007, 19:41




Gli Stati non hanno diritto di ingerenza negli affari di altri Stati.
Questa dovrebbe essere una regola di diritto internazionale.

Poi eventi come questi avvengono in continuazione in ogni parte del mondo, io mi chiedo perche' si parli solo del Myanmar e soprattutto proprio adesso. E' evidente che ci sono altri interessi in gioco.
 
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SocialEma
view post Posted on 27/9/2007, 20:05




va bene...allora l'Iran, la Russia e la Cina sono tre paesi liberi e democratici, che rispattano le libertà individuali e i diritti umani, le minoranze e non fanno discriminazioni...tu continua a credere questo...io non ci credo...e continuo ad essere fiero di essere cittadino europeo e a sperare in un allargamento dell'unione europea a tutti i paesi liberi e democratici e alla sua lotta alla guerra nel mondo, per la democrazia, i diritti umani, alla riduzione della povertà nel mondo, alla lotta alla pena di morte e per la salvaguardia dell'ambiente...
 
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L'Avvocato del Diavolo
view post Posted on 25/10/2007, 13:27




In tema di equilibri geopolitici, un articolo sul nuovo Politburo cinese.



Hu Jintao vince a metà: e noi?

23 ottobre 2007 alle 18:23 —
Fonte: rampini.blogautore.repubblica.it


Hu Jintao, al timone della Repubblica popolare cinese da cinque anni, esce ancora un po’ più forte dal 17esimo congresso del Partito comunista: confermato al potere fino al 2012, avrà un ruolo chiave anche nel designare il suo successore.

Ma non è così forte da poter imprimere una “svolta” alla politica cinese sulle due emergenze che gli stanno più a cuore: le crescenti diseguaglianze sociali e il dissesto ambientale. Né il congresso ha dato risposte agli interrogativi che il resto del mondo rivolge in maniera pressante alla Cina: sui diritti umani, sulla rivalutazione della moneta, o sul modo in cui Pechino intende usare la sua crescente potenza finanziaria, i vertici del partito comunista non ha dato risposte nuove. Quando il nuovo comitato centrale si è riunito al gran completo nel Palazzo del Congresso nazionale del Popolo su Piazza Tienanmen, e sulle note dell’Internazionale socialista si è conclusa l’assise del partito, l’osservatore esterno poteva scegliere fra due impressioni contrastanti: da una parte quella del rinnovamento generazionale (il ricambio ha investito il 50% degli eletti), dall’altra l’immagine di una sfilata dominata da una maggioranza schiacciante di “uomini in doppiopetto grigio”, simbolo dell’uniformità e del conformismo, oltre che di scarsa rappresantanza delle donne.

E’ lo “stile Hu” – grigiore tecnocratico e paternalismo autoritario – che ha fatto scuola. E’ lui del resto il vincitore del congresso, per quanto sia possibile stabilire un verdetto dopo un confronto politico privo di ogni trasparenza. Di certo Hu cumula le tre cariche più potenti del paese (segretario del partito, presidente della Repubblica, e capo della speciale commissione di indirizzo sulla forze armate), incassa il pensionamento del suo rivale più scomodo, cioè il vicepresidente Zeng Qinghong, e nel bilancio finale delle nuove nomine i suoi fedelissimi sembrano in leggero vantaggio.

Nella gara per la successione però ci sono due contendenti, ambedue promossi nel comitato esecutivo del Politburo, e il favorito di Hu (Li Keqiang, 52 anni, capo del partito nella provincia di Liaoning) sembra in leggero svantaggio rispetto al boss comunista di Shanghai, il 54enne Xi Jinping. Quest’ultimo è considerato più vicino al predecessore di Hu, Jiang Zemin, capo del clan di Shanghai legato alle nuove forse del capitalismo cinese, e quindi identificato con la “nuova destra liberista” in seno al partito. I due delfini hanno ora cinque anni per sfidarsi, sotto gli occhi di Hu che cercherà di svolgere il ruolo di arbitro della loro contesa.

Ma ai vertici del partito comunista cinese nel XXI secolo il potere è diventato più collegiale. Non è più l’epoca del culto della personalità, dei leader carismatici come Mao Zedong e Deng Xiaoping che potevano imprimere sterzate al governo del paese, e designare i propri successori. Questo 17esimo congresso merita di essere ricordato soprattutto per gli avvenimenti esterni che lo hanno eclissato. Un umile monaco buddista in esilio da 48 anni, il Dalai Lama, parlando al Congresso di Washington ha attirato sulla causa del popolo tibetano l’attenzione del mondo intero, in una fase cruciale in cui le rivolte in Birmania hanno ricordato l’autorevolezza e il carisma del clero buddista in Oriente.

Il vertice del G7 ha messo sotto accusa la moneta cinese, yuan o renmimbi, che continua a deprezzarsi verso l’euro e rende ancora più pericolosi gli squilibri finanziari internazionali. Al tempo stesso il Fondo monetario internazionale prevede e si augura che sia la Cina a sostituire gli Stati Uniti nel ruolo di locomotiva della crescite, per evitare una recessione mondiale. Nuovi indicatori confermano lo status della Repubblica popolare come peso massimo dell’economia globale: tra le 20 società a maggiore capitalizzazione delle Borse mondiali, le cinesi hanno ormai superato le americane e le europee. Ma dall’ assise del Pcc non sono uscite indicazioni sul modo in cui questa Cina intende utilizzare la leva finanziaria sempre più potente di cui dispone verso il resto del mondo.

 
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Antonio Grego
view post Posted on 26/10/2007, 13:52




Terza guerra mondiale: fanno sul serio

Maurizio Blondet
22/10/2007


«Letter to God» infilate tra le rocce del muro del pianto: chissà quali richieste a Dio conterranno...?

«Se l’Iran avesse una bomba atomica sarebbe un pericolo per la pace mondiale. Dunque ho detto che se siete interessati a scongiurare la terza guerra mondiale, mi pare che dovreste avere interesse [a impedire un Iran nucleare]. Io prendo molto sul serio la minaccia di un Iran con bombe nucleari».
Questa è l’ormai famosa frase pronunciata da Bush: più allarmante della presunta frase sulla «cancellazione di Israele dalla carta geografica» che viene attribuita ancor oggi ad Ahmadinejad (che come sappiano ha detto ben altra cosa).
Benchè i media abbiano messo la sordina, la frase di Bush ha acutamente allarmato le cancellerie diplomatiche nel mondo.
E’ stata intesa come una minaccia aperta a Putin (appena tornato da Teheran, dove ha ostentatamente appoggiato la politica iraniana) e anche agli europei, nella visione neocon-israeliana deplorevolmente «deboli» verso l’Iran.
Tanto più inquietante, perché si sa che Bush riceve i suoi ordini direttamente da Dio (più precisamente da YHWH), come ha rivelato recentemente Aznar.
Il 22 febbraio 2003, ad Aznar che gli diceva come Saddam avesse fatto sapere di essere disposto a lasciare il potere, Bush comunicò che comunque aveva deciso la guerra, e che sarebbe stata una passeggiata.
Aznar commentò: «La sola cosa che mi preoccupa di lei è il suo ottimismo».
E Bush: «Io sono ottimista perché so di essere dalla parte giusta. Sono in pace con me stesso. Spetta a noi affrontare una grave minaccia alla pace».
Dunque allarme massimo: la terza guerra mondiale!
Quello ha di nuovo sentito le voci?
Al punto che l’ufficio stampa della Casa Bianca ha emesso un comunicato in cui spiega: la frase del presidente sulla terza guerra mondiale va intesa come «un artificio retorico».
Ma c’è una nazione che ha preso la frase di Bush alla lettera, ed ha salutato l’ormai imminente terza guerra con speciali televisivi.



Apprendiamo da Arutz Sheva, un giornale nazionalista israeliano vicino ai coloni, che dopo l’uscita del presidente ben due canali televisivi israeliani hanno «mostrato le mappe di Gog e Magog su come si schiereranno probabilmente le nazioni in questo conflitto potenziale» (1).
Poiché la cosa può parere pazzesca, traduciamo letteralmente: «Le TV Channel 2 e Channel 10 hanno mostrato la mappa del mondo, in cui hanno delineato grosso modo lo schieramento dei due opposti blocchi in una imminente guerra mondiale, in modo da evocare per molti l’associazione con la profezia di Gog e Magog. La profezia di Gog e Magog si riferisce a una grande guerra mondiale avente come epicentro la Terra Santa e Gerusalemme, ed appare per la prima volta nel Libro di Ezechiele».
Vediamo gli schieramenti per l’attesa battaglia finale, secondo i due Channel di Sion.
Arutz Sheva li enumera: «Da una parte ci sono Israele, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Francia e la Germania. Dall’altra ci sono Iran, Russia, Cina, Siria e Corea del Nord».Il Bene e il Male, le due schiere pronte per l’Armageddon.
L’inserimento della Russia fra le potenze armate delle Tenebre, spiega serissimo Arutz Sheva, è giustificato ancor più dalla dichiarazione di Putin a Teheran, che «ha deplorato il rifiuto degli USA di escludere l’uso della forza».
Ciò che è imperdonabile.
«Putin ha detto: non solo dovremmo rigettare l’uso della forza, ma persino la menzione della forza come possibilità».
Non c’è dubbio, Vladimir è il biblico Gog, re di Magog.
Come conferma che la guerra è ormai imminente, il giornale dei coloni cita la ministra degli Esteri Tzipi Livni, e le sue dichiarazioni dopo il suo ultimo, ennesimo colloquio con Condoleezza Rice.
«Sono convinta che occorra una nuova risoluzione del Consiglio di Sicurezza (contro Teheran)», ha detto ai reporter: «In passato, l’esigenza di ottenere l’accordo di tutti, inclusi Russia e Cina, ha portato a compromessi sulla natura delle sanzioni. Io spero che non accadrà questa volta».
Russia e Cina porrebbero il veto all’attacco militare.
La Livni ha fondate speranze che «questa volta» non ci saranno «compromessi»: insomma caldeggia l’aggressione preventiva.
E’ guerra santa, dopotutto.
L’articolo ha suscitato una serie di mail, da parte di lettori elettrizzati per l’ormai deciso Armageddon.
Qualcuno è deluso perché nello schieramento del Male manca qualche nazione.
«Non dimentichiamo il passaggio integrale di Ezechiele 38: Libia, Armenia e le nazioni islamiche del Nordafrica», scrive per esempio Mihael dagli USA: «E non dimentichiamo che Dio stesso arresterà l’invasione di Israele. Cosa c’entrano gli USA?».
Difatti - Ezechiele non cita gli Stati Uniti...
«Shalom miei amici in Yisrael», scrive Louis Ferreira da Pretoria: «Gli ebrei come i veri cristiani (non i cattolici) devono guardarsi dai cattolici per la loro falsa religione. Shalom, amici».
Giusto: anche i cattolici nell’armata di Magog.



Yaacov ben Eliezer, da Boca, argomenta: «Siamo adesso nell’era messianica. La Kabbalah insegna che il mondo esisterà nelle attuali condizioni al massimo per 6 mila anni, contando dalla nascita di Adamo ed Eva che fu 5758 anni orsono. Se non siamo capaci di aggiustare le cose per conto nostro, per così dire, allora HaShem lo farà per noi nell’anno 6 mila. Spetta a noi fare la teshuvah e seguire le 613 mitzvot al meglio. Non ci sarà il millennio di pace prima di questo, come attesta la Torah e le scritture posteriori raccolte nel Tanach. I nomi esatti dei Paesi che compongono Gog e Magog sono cambiati dai tempi dei profeti. Sappiamo chi sono oggi: quei Paesi che sono contro Israele».
Segue tutt’una effervescenza di esegesi biblico-apocalittiche.
Ron da Valparaiso osa citare (sarà rimproverato) la Revelation, ossia l’Apocalisse di San Giovanni, ovviamente rigettata dai giudei: «Revelation: Gog, principe di Meschach (Mosca) e Tubal (Tubulsk) indica la Russsia. Gomer è una nazione misteriosa che potrebbe essere la Germania, la Georgia o la Polonia. Togormah è la Turchia. Quando Gog attacca Israele con le armate delle nazioni menzionate in Exechiele 38, egli risalirà in alto (nod) verso un villaggio non fortificato per farvi razzia di bestiame. Siccome Israele oggi ha poco bestiame, è probabile che si tratti del Canada o degli USA. L’esercito di 200 milioni di uomini citato nella Apocalisse può essere un esercito musulmano o un esercito della Cina Rossa. Un terzo della popolazione della terra (due miliardi) morirà ancor prima di Armageddon. Isaia, Geremia ed Ezechiele accennano al giudizio di alcune nazioni. Roma sarà distrutta per aver distrutto il secondo Tempio ebraico. Babilonia diverrà inabitabile per sempre per aver distrutto il primo Tempio».
Un certo J, da Virginia Beach, propone di mettere nell’armata del Male anche la Turchia: «Ricordate che l’impero romano spostò la capitale in Turchia (Costantinopoli): è possibile che il nuovo impero romano e il Califfato islamico possano essere nello stesso posto».
Un altro indica altri avversari, prossimamente arruolati nell’armata di Gog, che sarebbero elencati nel Salmo 83: «Pare di leggere un giornale».
Il Salmo sullodato infatti elenca «Edom con gli ismailiti, Moab, gli Agareni, Gebal con Ammon e Amalek, la filistea con gli abitanti di Tiro», e beninteso anche Assur e i figli di Lot.
Tutti i malvagi che Dio incenerirà per proteggere Israele.
Altri popoli votati alla distruzione per la tranquillità di Giuda.



Spiace di non avere il tempo di riportare tutti gli interventi: essi danno un’idea molto interessante dell’isterismo collettivo in cui vive non soltanto l’ambiente dei coloni ebraici, che si sentono circondati da nemici e vedono nemici in tutto il mondo.
Essi rivelano anche una pseudo-teologia delirante che deve più ai telepredicatori protestanti USA che alla Torah o al Talmud: ebrei fanatici e «cristiani rinati» si influenzano l’un l’altro con le loro fantasie da fine dei tempi; il messianismo ebraico è contaminato dal «dispensazionalismo» battista. Terrificante miscuglio, ma non inspiegabile: i coloni fanatici che vanno ad occupare terre palestinesi sono per lo più ebrei americani.
Fra i deliranti elettrizzati dalla guerra mondiale incombente, non poteva mancare Michael Ledeen. Il noto elemento dell’American Enterprise è tornato.
Con un libro intitolato «The iranian time-bomb» (la bomba a orologeria iraniana).
La cui tesi centrale è: gli Stati Uniti hanno di fronte due terribili alternative: o si rassegnano ad un Iran nucleare «deciso a creare un califfato mondiale», oppure «bombardano l’Iran e accettano tutte le imprevedibili conseguenze che questo comporterà».
La seconda è ovviamente la tesi che Ledeen preferisce.
«Non ci sarà mai sicurezza in Iraq finchè l’Iran è negli artigli del regime teocratico-fascista oggi al potere», scrive infatti il neocon preferito da Giuliano Ferrara: «Anche se è comprensibile che i politici (occidentali) non vogliano affrontare questa minaccia mortale, non c’è altra via. I mullah hanno dimostrato che essi aggrediscono fino alla vittoria o alla disfatta» (2).
E per convincere ancor più gli americani a cominciare la terza guerra mondiale, Ledeen aggiunge: «I rapporti tra l’Iran e Al Qaeda sono da anni così stretti, che è difficile non concludere che l’Iran è stato complice negli attentati dell’11 settembre».
Arnaud De Borchgrave commenta flemmatico: con questa frase, «Mister Ledeen mina la propria credibilità. La stessa linea fu adottata dai medesimi neoconservatori, quando proclamarono il medesimo collegamento tra Saddam Hussein e Osama bin Laden», cosa di cui «sedici agenzie d’intelligence americane con 100 mila agenti e un bilancio di 60 miliardi di dollari non hanno trovato un briciolo di evidenza».
Ma questo è il commento di gente razionale.
Ledeen e i coloni non lo sono.
Bush ascolta le voci di Dio.



Magari si rallegrano delle odiose, sanguinose provocazioni del PKK contro l’esercito turco, che spingono Ankara alla decisione terribile di invadere l’Iraq del nord.
Come abbiamo visto, già si rallegrano che «Babilonia», l’Iraq, sia stata resa inabitabile dall’uranio impoverito, perché «ha distrutto il primo Tempio»; e si augurano la devastazione di «Roma», colpevole di aver distrutto il secondo Tempio.
Per loro, la Turchia non è forse nella «mappa degli eserciti di Gog»?
Forse il caos e il sangue a fiumi, la spaccatura fatale nella NATO che la Turchia sta per abbandonare, il destino «europeo» cui sta per rinunciare (l’Europa la condannerà, politicamente corretta, per l’invasione difensiva del Kurdistan), trascinata verso il suo destino manifesto, l’Asia centrale; forse tutto questo confuso ribollire di armi è quello che loro desiderano, hanno deliberato, voluto, promosso.
Il mondo muove verso l’abisso, guidato da questi sonnambuli deliranti.

Maurizio Blondet
 
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SocialEma
view post Posted on 26/10/2007, 14:11




ma non c'era stato l'illuminismo e la rivoluzione scientifica?
 
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Antonio Grego
view post Posted on 26/10/2007, 20:57




CITAZIONE (SocialEma @ 26/10/2007, 15:11)
ma non c'era stato l'illuminismo e la rivoluzione scientifica?

Fatti una domanda e datti una risposta.
 
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SocialEma
view post Posted on 27/10/2007, 07:02




cioè?

comunque non ce l'avevo con te...ma con bush e colore che hanno scritto quelle cose sull'apocalisse....
 
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83 replies since 6/8/2007, 18:26   1341 views
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