Lettera di Boselli in vista della costituente!

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DR_PanG
icon11  view post Posted on 22/6/2007, 21:19




Direttivo Nazionale 22 giugno 2007
La relazione di Enrico Boselli

Care compagne e cari compagni la prima riunione del nuovo Comitato Direttivo nazionale avviene in una situazione politica molto delicata e difficile.
Il nostro obiettivo deve rimanere però quello che abbiamo indicato al congresso di Fiuggi anzi se possibile diventa oggi ancora più importante.
In questa fase politica noi dobbiamo cogliere una grande occasione per rimettere in campo una forza socialista. Oggi questa affermazione che abbiamo fatto più volte acquista un valore diverso perché esistono personalità, forze e componenti nuove che possono insieme a noi dar vita ad una nuova forza socialista. Ciò avviene perché ci troviamo in una fase di crisi dove si fa sentire fortemente l’esigenza di una ristrutturazione delle forze politiche, sia sul versante del centro sinistra nel quale ci siamo sempre collocati sia sul versante di centro destra. Viviamo oggi in una fase nella quale la politica offre un’immagine di fragilità. Tutto sembra congiurare per rendere deboli le istituzioni, i partiti e il governo. Le classi dirigenti sono divise e giocano reciprocamente allo scarica barile, senza avere innanzi tutto la capacità di assumersi le propria responsabilità. Il mondo dell’impresa ha messo nel mirino la politica e la politica la stampa. La diffusione di tante intercettazioni telefoniche ha avuto finora il risultato di portare ulteriore discredito alla politica, quale che ne sia il contenuto. Noi siamo perché questa materia sia al più presto regolata. Siamo contrari a mettere bavagli alla stampa ma per colpire a monte chi è la fonte di notizie che dovrebbero restare riservate. E’ al Senato una legge che è stata già approvata unanimemente alla Camera. Non siamo contrari a che la si migliori mentre ci opporremo a pretesti per affossarla. La magistratura continua a svolgere un ruolo politico di primo piano, ben al di là dei suoi compiti istituzionali, mentre la giustizia non funziona e i processi continuano a durare oltre qualsiasi tempo ragionevole.
L'opinione pubblica si è fatta una convinzione che la politica non si interessa molto dei problemi della gente, ma sia molto più attenta agli affari finanziari ed economici. Noi ci siamo sempre battuti a difesa delle garanzie dei cittadini. Siamo stati sempre e continuiamo ad essere contrari ai processi di piazza. Ora che torna fortemente la tentazione di mettere alla gogna mediatica la classe dirigente, è necessario dare una risposta che non sia puramente difensiva. Se un libro come quello di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, dal titolo assai significativo La casta - Così i politici italiani sono diventati intoccabili vende centinaia e centinaia di migliaia di copie e provoca un dibattito acceso. nel quale sono messe sotto accusa le classi politiche dirigenti del Paese, non si può voltare lo sguardo dall'altra parte. E’ del tutto insensato ipotizzare che si tratti di un complotto, messo in atto dai poteri forti con il sostegno del più autorevole giornale italiano il Corriere della Sera. Bisogna, invece, comprendere che è stato toccato un punto nevralgico nei rapporti tra la politica è l'opinione pubblica: quello dei privilegi. Naturalmente l'angolo visuale scelto per denunciare il problema è parziale, come capita a tutte le inchieste giornalistiche. Non c'è solo la casta dei politici, ma l'Italia è piena di caste. Si potrebbe anzi dire che il modo in cui i gruppi dirigenti si organizzano nel nostro Paese è proprio quello della casta e della corporazione. La politica non deve retrocedere di fronte a queste denunce, ma affrontarle nel merito e trovare le soluzioni necessarie per quanto riguarda i costi della politica e quelli della Pubblica Amministrazione. Noi abbiamo fatto un'esperienza dolorosa e drammatica, come socialisti, durante il crollo del sistema politico. Ne siamo usciti con la consapevolezza che è necessario un cambiamento profondo della politica. Noi non siamo stati affatto tra coloro che hanno detto che tutto ciò che avevamo fatto andava bene, che non avevamo commesso alcun errore e che tutti i nostri guai derivavano unicamente dalla potenza di fuoco dei nostri tradizionali nemici. Anche oggi bisogna interrogarsi a fondo sul perché il centrosinistra è messo sotto accusa, sul perché una serie di ceti e strati sociali, che pure si sentono progressisti, sono così profondamente delusi dal governo e dai partiti che sostengono il governo. Non si tratta come credono alcuni di un fenomeno che può essere risolto con una nuova legge elettorale che cancelli la frammentazione politica. C’è qualche cosa che non funziona nel nostro sistema ed è qualche cosa anche grave dal punto di vista del costume più che del codice penale e bisogna porre immediatamente rimedio. Il vizio fondamentale della politica italiana non è l’affarismo, ma il machiavellismo: questa tendenza a privilegiare la politica come gioco di potere rispetto alla politica come enunciazione delle soluzione ai problemi del Paese. Questo approccio alla politica è profondamente radicato nella storia d’Italia e non è tra le ultime ragioni del distacco dei cittadini dalle istituzioni. La caduta delle ideologie ha trasformato la lotta per il potere da un mezzo per affermare un grande progetto di ingegneria sociale a una sorta di guscio vuoto senza la passione civile e lo spirito di dedizione personale del passato. I partiti così come sono non corrispondono né appaiono simili alle grandi correnti che segnano la storia dell’Europa, né hanno una forte e definita identità. La geografia politica italiana, sia pure in modo diverso da quanto accadeva nella Prima Repubblica, ha poco a che vedere con quella dell’Europa occidentale. Il declino dell’Italia non è un destino segnato ed ineludibile, ma è il frutto di una crisi che appare senza fine delle istituzioni e delle classi dirigenti e non solo di quelle della politica ma complessivamente di quelle della società.
Noi, quando vogliamo costruire una nuova forza socialista, non pensiamo affatto a riproporre oggi l’area socialista così come l’abbiamo conosciuta nell’esperienza storica del Psi e del Psdi. Anzi, se lo facessimo, commetteremmo un grave errore. Faremmo un’opera di archeologia politica, mentre abbiamo bisogno di mettere in campo nuove idee e una nuova visione della politica. Serve al Paese una forza socialista che sappia immettere un alto grado d’innovazione politica e programmatica. Per farlo noi guardiamo con interesse ai grandi cambiamenti che stanno avvenendo nella socialdemocrazia europea sotto l’incalzare di una destra che gioca tutte le carte, compresa quella della trasversalità politica che l’Italia ha conosciuto nella prima fase della sua storia unitaria sotto il nome di trasformismo. Quella modernità che sta mostrando la destra francese e che affascina persino ambienti della sinistra è un nuovo populismo rivolto a sfondare ed invadere il tradizionale elettorato della sinistra. Il confronto tra la destra e la sinistra non avviene più sulla base di una divisione di classe, ma si dispiega senza alcuna meccanica sociale precostituita. Questa tentazione di essere qualcosa che assomiglia al proprio avversario politico per meglio riuscire a sconfiggerlo è una tentazione che si annida a destra come a sinistra. Non a caso abbiamo sentito in Italia apprezzare le capacità dimostrate dal nuovo presidente Sarkozy come un modello di riferimento anche per la sinistra riformista. Tutti coloro, che si sono lanciati in elogi del nuovo leader della destra francese e che ritenevano che ormai i socialisti d’Oltralpe dovessero andare incontro ad una disfatta, si sono dovuti ricredere. Non è bastato il fattore immagine, il colpo di fantasia, l’arruolamento di qualche personaggio dal campo avversario per un’azione definitiva di sfondamento. Il governo francese, a pochissimo tempo dalla sua costituzione, ha avuto già bisogno di essere rimaneggiato. La politica spettacolo e la personalizzazione della politica è un dato del quale tenere conto, e sarebbe insensato pensare di ritornare ad uno scenario nel quale la partita era giocata da grandi partiti ideologici e di massa, ma ciò non comporta la fine di grandi filoni che hanno svolto un ruolo di primo piano nel Novecento, come è stata la socialdemocrazia europea. Questa idea, che il nostro Paese sia necessariamente portato a dirigersi nella terra di nessuno con la formazione di partiti che non hanno equivalenti in Europa, non porta da nessuna parte.
Il nascente partito democratico non assomiglia ai New Democrats americani ma ad una strana aggregazione, per metà laica e per metà confessionale, che non ha nulla a che vedere con le battaglie condotte per l’affermazione dei diritti civili da Hillary Clinton o da Barak Oboama. Sarei tentato di dire, rovesciando uno schema troppo facilmente accettato che vede nella socialdemocrazia una forza tradizionale di retroguardia, che per approdare all’altra sponda dell’Oceano si passa attraverso l’esperienza di Zapatero piuttosto che attraverso il nuovismo clericale di Rutelli. Il progetto del nascente partito democratico in Italia è già in crisi perché non riesce ad uscire da una logica di compromesso tra il laicismo dei DS e il confessionalismo della Margherita. A questo vuoto di prospettive si cerca di far fronte con la riscoperta di un leader come Veltroni che dovrebbe dare alla nuova formazione politica non solo un volto ma un’identità. Il ricorso a Veltroni, da chi lo aveva considerato una sorta di pericolo pubblico n. 1, è una prova della debolezza di tutta questa costruzione politica. Già una volta a Veltroni fu offerta da Massimo D’Alema, divenuto allora presidente del Consiglio, la segreteria di un partito vero come erano i DS, ma dovette presto gettare la spugna perché non riuscì a imporre una svolta di rinnovamento. Questa volta a Veltroni viene offerta la guida di un partito virtuale nel quale continuano a convivere di fatto due partiti reali, come i DS e la Margherita, dominati da agguerriti gruppi di potere.
Tutta questa operazione rischia di risolversi in una messa in campo di Veltroni, se accetterà, non tanto in vista di una futura candidatura a premier per la prossima legislatura, ma come possibile riserva alternativa a Prodi per la presidenza del Consiglio in questa legislatura. Così le prossime primarie potrebbero servire non tanto a legittimare Veltroni ma a delegittimare Prodi. Nessuno s’accorge che così si scherza con il fuoco, perché una crisi del Governo Prodi può portaci rapidamente a nuove elezioni in condizioni mai state così favorevoli a Berlusconi e al centro destra. Nessuno certo può negare la debolezza del governo Prodi: è attaccato da tutte le parti, non è risparmiato da nessuno e non c'è giorno nel quale non debba subire critiche e contestazioni. Si tratta di un’azione martellante, continua e senza sosta. Il centro sinistra non sa come reagire, vive una sensazione da stato d’assedio e, invece di fare quadrato, si divide e sono ormai in molti a pensare a soluzioni alternative.
Eppure una descrizione a tinte fosche dell’azione del Governo non corrisponde né alla realtà né alla verità. Con la finanziaria si è avviata un’opera di risanamento dei nostri conti pubblici che è invitabile per un paese come il nostro che ha uno stock del debito pubblico più elevato di quanto produce in un intero anno e che fa pesare forti interessi sul bilancio di ciascun anno; vi è un livello di crescita che non è eccezionale ma che dopo una manovra restrittiva, ha del miracoloso. Tuttavia questi risultati economici e finanziari non vengono riconosciuti nel proprio valore neppure nel centro sinistra ed anzi le misure adottate per raggiungerli sono spesso descritte come la fonte dei maggiori guai del centro sinistra. Invece di mettere al primo posto la lotta all'evasione, data l'entità straordinaria di questo fenomeno nel nostro paese, si chiede che venga messa all'ordine del giorno l’abolizione degli studi di settore che sono stato uno strumento, per quanto imperfetto, per far pagare un po’ più di tasse a piccoli e medi imprenditori e a lavoratori autonomi. Da più parti si chiedono contemporaneamente sgravi fiscali e nuove spese per la sicurezza, per le infrastrutture, per la casa e per l’innovazione. Sulla destinazione dell’extragettito, in vista del DPEF e di una eventuale manovra aggiuntiva, abbiamo assistito a richieste che ammontano a tre, quattro o cinque volte le risorse disponibili. Tutta questa discussione appare, tuttavia, abbastanza oziosa perché un accordo tra governo e sindacati sull’abolizione dello scalone Maroni, e con tutti i suoi corollari possibili ed immaginabili, non solo consumerà larga parte del tesoretto ma metterà una forte ipoteca sulla prossima finanziaria per il 2008. Occorrerebbe una vera è propria riforma dei meccanismi previdenziali che con gradualità innalzasse l'età pensionabile, salvaguardasse i lavoratori manuali, aumentasse le pensioni al di sotto della sopravvivenza e creasse un nuovo sistema di sicurezza sociale per i lavoratori per i lavori flessibili, completando con la flexsecurity il disegno ideato da Marco Biagi.
Tutto ciò non si può fare come si dovrebbe fare perché non si vuole prendere atto della rivoluzione demografica che ha notevolmente cambiato il mercato del lavoro. L’ostinazione a difendere quelle che sono state chiamate a suo tempo dai socialisti pensioni di giovinezza sembra insuperabile. L’accordo tra governo e sindacati, se sarà raggiunto come sembra, sarà un compromesso che non risolverà alla radice il problema ed è destinato ad aggravare la situazione dei nostri conti pubblici. Eppure non è affatto un mistero da che cosa deriva la debolezza del governo Prodi. Non bisogna certo affannarsi per trovare una convincente spiegazione. Innanzitutto, la vittoria ottenuta per un soffio del centrosinistra si è tradotta, soprattutto a causa della legge elettorale varata da Berlusconi, in una ristrettissima maggioranza al Senato della Repubblica. Questo stato di cose rappresenta un vero e proprio tallone d'Achille per il governo Prodi. Ogni volta che al Senato c'è una votazione impegnativa, l'atmosfera si tinge di giallo. Tutti pensano che prima o poi il governo andrà incontro ad una nuova sconfitta clamorosa. A questa debolezza numerica, che dà a tutti un forte potere di condizionamento, si aggiunge un’altrettanta debolezza politica.
La maggioranza che sostiene il governo è fortemente eterogenea. Sono più le divergenze rispetto alle convergenze. Da parte dell'estrema sinistra si esercita un condizionamento formidabile che praticamente blocca qualsiasi innovazione. Lo si vede in un campo così delicato come quello della previdenza nel quale il governo si trova stretto in una morsa tra i sindacati e Rifondazione comunista. Su qualsiasi problema di notevole entità, dalla TAV alla base americana di Vicenza a misure per affrontare i cambiamenti climatici, il confronto si trasforma in un vero e proprio tormentone senza fine che discredita il governo presso l’opinione pubblica. Le mediazioni continue sono estenuanti. Si va avanti con misure, come quelle sulla sicurezza stradale, che assomigliano ad una sorta di grida manzoniane: si aggravano le pene al di là di qualsiasi ragionevole gradualità ipotizzando così di ridurre i comportamenti a rischio, invece di puntare ad accrescere i controlli in modo da rendere più probabile la certezza della sanzione e ciò lo si fa perché non vi sono le risorse massicce che occorrerebbero per assicurare la sicurezza stradale. In queste condizioni il governo appare incerto su che fare e diviso sulle soluzioni sui principali problemi da affrontare. Neppure sul caso De Gennaro, dove pure il governo si è comportato correttamente, si è riusciti a capitalizzare un atteggiamento rivolto ad andare a fondo delle gravi violenze avvenute in occasione del G8 a Genova ben sei anni fa, dopo l'agghiacciante testimonianza del vicequestore Michelangelo Fournier. Qualsiasi cosa faccia il governo si rivolta contro la sua immagine e la sua credibilità nel Paese. In questo contesto per complicare il quadro incombe il referendum sulla legge elettorale. È sicuramente un elemento di ulteriore divisione e di contrasto all'interno della coalizione di centro-sinistra. E il referendum non è un'arma della destra contro il governo Prodi, ma una nuova occasione per sviluppare una vera e propria guerra all'interno della coalizione di centro-sinistra. È paradossale ma le migliori energie vengono spese per vincere una battaglia interna ai partiti dell'Unione più che per contrastare il centrodestra e Berlusconi.
Dare tutta la colpa Prodi per la debolezza del governo è davvero ingeneroso. Tuttavia il presidente del consiglio dà troppo spesso l'impressione di una sostanziale arrendevolezza nei confronti delle pressioni esercitate dall'estrema sinistra per il timore che si apra una vera e propria crisi di governo. E Prodi che rinuncia alla guida del partito democratico diventa un leader dimezzato e di tutto abbiamo bisogno meno che di questo per arginare la pressione crescente della destra.
L'unica via d'uscita che viene offerta al governo e quella di procedere a massicci sgravi fiscali. Ora noi siamo sicuramente a favore di una rete di riduzione delle tasse, ma non per imbracciare demagogicamente una parola d'ordine che è esattamente quella portata avanti da Berlusconi. Sembra, infatti, che quello che è stato il principale slogan del centrodestra si sia trasformato in ricetta politica universale valida per tutti. La stessa questione settentrionale, che ha diverse sfaccettature ed aspetti, viene ridotta solo ed unicamente ad una questione fiscale, mentre è fondamentale il problema delle inefficienze della Pubblica Amministrazione che sospinge molte proteste contro le tasse. Non si nega affatto che si debbano prendere in considerazione politiche di sgravi fiscali, ma ciò dovrebbe riguardare innanzitutto le imprese prima che le famiglie se vogliamo avviare nuovamente un percorso virtuoso e duraturo di crescita. L'equivalenza meno tasse uguale più consensi è quanto di più lontano da una concezione socialdemocratica di tipo europeo che pure è favorevole a sgravi fiscali. La riduzione delle tasse in sé non può essere una filosofia politica, né una teoria economica indiscutibile accettata dal centro sinistra. Dobbiamo con insistenza spiegare che meno tasse può significare anche meno servizi, meno Stato sociale, meno equità, meno scuola pubblica e ricerca, meno sanità pubblica e così via. Una drastica riduzione delle tasse, ferma restando la necessità di rispettare i parametri europei, è incompatibile con un bilancio sul quale gravano pesanti oneri per le spese per gli interessi del nostro abnorme debito pubblico.
Ridurre l’incidenza del debito pubblico e contrastare l’evasione è la via maestra per poter ridurre la pressione fiscale. Altrimenti non si farà che aggravare la condizione dell’Italia come una sorta di malato in Europa. Prodi avrebbe potuto essere rimesso in carreggiata se nella maggioranza vi fosse una forza capace di dare un pieno e forte sostegno. Questa era l'idea originale della costruzione del partito democratico che avrebbe dovuto essere una sorta di timone di una coalizione divisa ed omogenea. Purtroppo si sta verificando l'esatto contrario. Invece di essere un elemento di forza, il nascente partito democratico rischia di essere un ulteriore elemento di debolezza del governo Prodi. La necessità di costruire una nuova forza socialista non discende quindi da una vocazione nostalgica, da un'ostinazione ideologica o peggio da una voglia di rivincita, ma dalla mancanza in Italia di una forza politica del centro-sinistra che sappia sposare i principi dell'innovazione con quelli della giustizia sociale, il valore della laicità e dei diritti civili con l'aiuto alle famiglie, la libertà e la difesa dei diritti umani nel mondo con la sicurezza e la pace.
Questa forza politica non c'è, non è il partito democratico, e tanto meno lo è l'estrema sinistra. Se non riusciremo a ricostruire una forza socialista, sarà tutto il centrosinistra essere più debole e avviarsi stancamente ad una sonora sconfitta. Oggi vi sono dei dati nuovi con i quali dobbiamo confrontarci. Innanzitutto la questione socialista non è più relegata nell'ambito di coloro che hanno militato nel Psi e nel Psdi. E diventata, invece, una questione che riguarda tutta la sinistra italiana. Anzi, direi che la questione socialista riguarda il destino della sinistra italiana. Io non ho mai pensato che il percorso da seguire per arrivare ad una grande forza politica socialista fosse prefissato, dovesse essere tracciato da canoni tradizionali, coincidesse solo con la riunificazione dei socialisti italiani che certo è importante.
Il fallimento dell'idea originaria dell'Ulivo, come tentativo di mettere insieme diversi riformismi e di differenti riformisti, riporta in primo piano la questione socialista. E ciò non avviene solo perché un progetto è stato travisato, ma anche perché l’alternativa all'involuzione dell'Ulivo non può essere rappresentata certo dalla Cosa Rossa. Noi abbiamo bisogno di più riformismo e non di meno riformismo. Con un approccio radicale e antagonista che rifiuta alla base l'economia di mercato e che considera la socialdemocrazia una sorta di forza liberale sociale come è descritta dal presidente della Camera Bertinotti, non si risolve ma si aggrava la situazione italiana. Noi non chiudiamo affatto gli occhi di fronte ad alcuni aspetti innovativi della politica di Rifondazione comunista nel campo della laicità come quello dei diritti civili, ma anche su terreni fondamentali come quelli delle garanzie dei cittadini e della necessità di una riforma profonda della giustizia.
Non è questo che ci divide rispetto a Sinistra democratica. Noi seguitiamo a pensare che la mancata adesione al partito democratico, fatta dal gruppo di Mussi e di Angius in nome del socialismo europeo, debba portare ad un cambiamento profondo della geografia politica del nostro Paese. Se è essenziale il riferimento al Pse, allora tutte le forze che considerano fondamentale il legame con il socialismo europeo dovrebbero innanzitutto unirsi fin da oggi per costituire il nucleo di un cantiere più grande. Ed è questo che propongo alla Sinistra democratica di Mussi e Angius. Non mi stupisce che si voglia aprire un dibattito a tutto campo che coinvolga anche l'estrema sinistra.
Tuttavia, prima di aprire questo dibattito, è necessario costruire un nuovo soggetto socialista. Non c'è sembrato, quindi, un buon avvio l'assemblea dei parlamentari di Rifondazione comunista, dei Comunisti italiani, dei Verdi, alla quale hanno partecipato i parlamentari di Sinistra democratica. Mussi ha cercato di ridimensionarne la portata politica, ma resta il fatto che la piattaforma programmatica uscita da quell'assemblea è assai simile – se non identica - a quella di Rifondazione comunista, mentre è molto distante da quella del socialismo europeo. Come costruire in Italia una nuova forza socialista? Questa domanda che noi ci poniamo da tempo è oggi diventata di attualità. Noi sappiamo bene che non è assolutamente facile risalire la china, quando si passa dall'essere un partito medio grande ad essere una formazione con una ridotta dimensione elettorale. Non abbiamo mai creduto in un miracolo che con un colpo di bacchetta magica possa ricreare un partito che abbia consistenza che aveva una volta l'area socialista.
Oggi vi può essere una qualità nuova della questione socialista con la quale è necessario misurarsi. Noi non dobbiamo affatto dimenticare che la maggioranza dei PCI, all'indomani dell'89 è approdata all'Internazionale socialista ed è stata con il Pds uno dei soci fondatori del partito socialista europeo. Quel mutamento del Pci è un dato al quale oggi dobbiamo fare riferimento. Se ci chiudessimo in un recinto di una coerenza storica alla quale continuamente appellarsi, noi non aiuteremo un processo di ricostruzione di una forza socialista. E’ in questo contesto che dobbiamo manifestare un'apertura nei confronti di tutti i riformisti, di quanto si muove nel centro sinistra di critico verso il nascente partito democratico. Si tratta di un disagio laico che esiste e che affiora nella Margherita, di cui sono importanti sintomi il dissenso espresso da Willer Bordon e da Cinzia Dato. C'è un'area radicale, fatta di una molteplicità di associazioni, di cui sono esponenti principali Marco Pannella ed Emma Bonino, con la quale con i quali vogliamo proseguire un confronto che non consideriamo affatto chiuso. Se ci guardiamo intorno non mancano gruppi e personalità per dar vita a un partito socialista che rappresenti una vera novità nella politica italiana. Questo cammino tuttavia deve partire da rimettere insieme al più presto tutte le componenti che si riferiscono già oggi al socialismo europeo.
Più volte Fabio Mussi ha fatto riferimento alla necessità di avere una massa critica per potere incidere nella politica italiana. Questo ragionamento può essere convincente, a condizione che la ricerca di una massa critica non sia una finalità in se stessa perché, se adottassimo questo criterio senza alcuna qualificazione, allora tanto valeva allora condurre una battaglia all'interno del partito democratico. Noi non possiamo restare fermi ed inerti. Non possiamo lasciare che il dibattito all'interno del centrosinistra sia tra chi vuole questo partito democratico e chi invece vuole la Cosa Rossa. Mettere in campo da subito un'iniziativa per avviare il lavoro che ci porti alla Costituente socialista, e successivamente a un congresso fondativo di tutti coloro che si riferiscono al Pse in Italia, deve essere la nostra primaria impostazione. Ci sono già personalità, circoli e gruppi che non nascono dalla tradizione del Psi e del Psdi, ma spesso da quella del Pci, interessati a sviluppare un percorso comune che ci porti alla costituente socialista. Mi riferisco esplicitamente svolto da Lanfranco Turci che abbiamo incontrato nella comune esperienza della Rosa nel Pugno. Alle prese di posizione coraggiose ed innovative di Giuseppe Caldarola, ex direttore dell'Unità, o di Roberto Barbieri che rappresenta un punto di riferimento importante nella sinistra del mezzogiorno. Dirigenti storici come Emanuele Macaluso e Rino Rormica si sono impegnati per dare un contributo alla creazione di una nuova forza socialista in Italia. Non siamo quindi soli nella nostra aspirazione.
E non dobbiamo rispetto a questa prospettiva immaginare di avere una copyright sul socialismo italiano. Tanto più riusciremo a manifestare un atteggiamento concreto di apertura ed ad evitare di imbrigliare in schemi prefissati la nuova forza socialista che dovrà nascere, e tanto più riusciremo ad ottenere buoni risultati. Non tutto dipende ovviamente da noi, ma noi possiamo fare molto perché si metta in moto il meccanismo della costituente socialista.
A percorrere questa strada chiamiamo e da subito tutti coloro che sono interessati al socialismo democratico europeo per creare un nucleo di una più ampia e forte formazione socialista.
Noi certo non dimentichiamo in questo percorso verso la creazione di una Costituente socialista le formazioni della diaspora e mi riferisco innanzi tutto al Nuovo Psi di Gianni De Michelis e ai Socialisti di Bobo Craxi e Saverio Zavettieri.. Consideriamo un dovere per noi tutti riunirci e mettere fine alle nostre divisioni. Questa però non è la fine di un percorso ma ne può essere solo una premessa. Se vogliamo veramente dare vita ad una Costituente socialista che sia aperta, dobbiamo anzi renderci conto che l'esperienza che potrà nascere non potrà riferirsi solo alla storia del Psi e del Psdi, ma dovrà farsi carico di tutte le forme in cui riformismo italiano si è manifestato all'interno del movimento operaio.
Si tratta per noi quindi di un vero è proprio salto di qualità culturale e politico. Uscire da una condizione di minoranza accerchiata per comprendere che attorno a noi vi sono formazioni che al pari di noi vogliono costruire una grande forza socialista.
Noi abbiamo già svolto ieri un importante incontro tra quelle che dovranno essere alcune delle anime della nuova formazione socialista. Ci siamo dati un primo appuntamento per il prossimo 13 e 14 luglio per iniziare il cammino della Costituente socialista. Non mi nascondo affatto le difficoltà e del resto nella nostra storia non abbiamo mai incontrato strade facili. Tuttavia l'idea guida che deve dettare la nostra impostazione politica e programmatica deve essere quella di riportare in Italia una forza socialista che abbia capacità di incidenza, autorevolezza e forte grado di innovazione. A questa missione è rivolto tutto lo SDI che in questi anni ha mantenuto viva una forza socialista autonoma che oggi può essere spesa in un disegno più grande e più importante. Tutte le nostre energie a livello nazionale come a quello locale devono essere impegnate a far sì che la Costituente non sia soltanto l'incontro tra gruppi dirigenti ma un forte richiamo per tutti coloro che si sentono laici e riformisti. Questa è la sfida che abbiamo lanciato al nostro quinto congresso nazionale e con determinazione e convinzione vogliamo affrontarla tutti insieme.
 
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colonnello o'Malley
view post Posted on 11/10/2007, 14:59




Ma vi piace così tanto Boselli? Se lo chiedo a mia madre mi dice: "E chi è?"

A proposito, sono contento che esista ancora
 
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SocialEma
view post Posted on 11/10/2007, 16:06




sembra buono...ma quando è che inizieranno a parlare di fatti?
 
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DR_PanG
view post Posted on 11/10/2007, 17:08




dopo la caduta del governo

CITAZIONE (colonnello o'Malley @ 11/10/2007, 15:59)
Ma vi piace così tanto Boselli? Se lo chiedo a mia madre mi dice: "E chi è?"

A proposito, sono contento che esista ancora

metà degli italiani non ha mai letto Orwell (anzi diciamo quasi nessuno)...questo rende meno valido l'autore?
 
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colonnello o'Malley
view post Posted on 11/10/2007, 17:29




Credo che Orwell abbia qualcosa di più di Boselli ...

e comunque mica mi sta antipatico, è che mi sembra che nel gioco politico vale come il due di briscola
 
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DR_PanG
view post Posted on 11/10/2007, 17:32




ti ripeto, il fatto della popolarità incide sulla validità di una persona?

vabbè che siamo nel mondo dove L'APPARIRE è più importande del SAPER FARE, ma qui esageriamo, giudica i suoi programmi e inanzitutto leggili e poi guarda bene anche la nuova legge elettorale e vedrai quando varrà il suo movimento.
 
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L'Avvocato del Diavolo
view post Posted on 11/10/2007, 17:35




Boselli è una persona onesta, ma forse troppo "Mite"(come lo hanno soprannominato). Non è un personaggio vero e proprio, potremmo definirlo un "mediano della politica". Profilo basso, mira più al risultato che all'apparenza. Forse è per questo che non avrà il successo che merita.
 
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6 replies since 22/6/2007, 21:19   153 views
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