| La fine del Partito d'Azione. L'inizio della diaspora. La sconfitta del governo Parri è un momento della più vasta sconfitta delle avanguardie della Resistenza europea, è il trionfo del realismo politico delle grandi potenze e delle grandi formazioni politiche che ad esse ideologicamente e politicamente fanno capo, quel realismo che regalerà al mondo l'equilibrio della guerra fredda e delle contrapposizioni frontali che spaccano la Resistenza all'interno dei maggiori paesi europei, in prima linea Italia e Francia.
Il disegno di Parri della rigenerazione nazionale nel segno di una rivoluzione democratica si scontra col composito fronte della conservazione, sulla quale grava l'ipoteca della destra monarchica, clericale, neo-fascista, massicciamente presente nel paese. Non avrà dalla sua parte le forze della sinistra, egemonizzata e diretta da un partito comunista inserito senza riserve in una strategia che ha a Mosca il suo centro e sulla quale minima, se non pari a zero, è la sua capacità di intervento. La ricostruzione sarà perciò anche restaurazione. L'integrazione europea, nel cui quadro Parri collocava il suo disegno, partirà tardivamente e prenderà le mosse da tutt'altri impulsi.
Il Partito d'Azione - è la ragione della sua debolezza - non può in queste circostanze sopravvivere senza snaturare se stesso. E così esso si scioglie in un congresso composto e commosso, in un clima di reciproca rispettosa comprensione degli elementi di contraddittorietà che ciascuna scelta ha in sè. Non ci saranno strascichi penosi di risentimenti settari.
Il Partito d'Azione si dissolve, non si dissolve l'ethos politico che esso ha incarnato e che ha costituito nella fase più tragica della storia d'Italia il suo elemento di forza. Non è un'espressione libresca e tanto meno retorica, non è uno scolastico ritorno alla metodologia crociana. Nei grandi momenti storici, quando necessariamente intensa è la partecipazione collettiva agli eventi, quando le idee dei pionieri e dei martiri trovano conferme nei fatti, sorgono e prendono consistenza movimenti dove fermenti nuovi si concentrano, maturano, esprimono aspirazioni largamente diffuse, che si compongono in principi e valori, che generano culture, che ispirano norme etiche.
Nell'ambito della Resistenza la tradizione giellista diventa il luogo nel quale questo fenomeno più compiutamene si esprime, perché non gravato, come accade ai socialisti, da ideologie ereditate, con tutto quello di positivo ma anche di negativo che questo comporta, perché non vincolato, come accade ai comunisti, dalla ferrea disciplina che li lega, ideologicamente e sentimentalmente, oltre che politicamente al partito-guida e allo stato-guida e li fa strumenti di una strategia internazionale il cui centro sta fuori e sopra di loro. E' per questo che l'antifascismo si costituisce in autonomo sistema di principi e di valori intorno al nucleo ideale della tradizione azionista, intesa in senso lato, che ingloba in sè il filone di moderno socialismo che va da Matteotti, l'eroe di Rosselli, a Colorni, che l'azionista Norberto Bobbio ha immesso nel circolo della cultura filosofica e politica. E' questa la linea di discrimine nei confronti dell'antifascismo comunista: le conquiste di libertà e di giustizia non passano per la dittatura del proletariato; l'internazionalismo non è obbedienza passiva al partito-guida e al suo infallibile capo, è innanzi tutto europeismo e non ha bisogno di uno stato-guida, il rapporto tra cultura e politica è dialettico scambio che non ammette dogmi e non tollera direttive burocratiche di gerarchie partitiche.
A questo dato sono riconducibili certi tratti che caratterizzano i comportamenti politici della diaspora azionista, al di là della diversità delle scelte dei singoli militanti e dei gruppi.
Parri vota per l'adesione dell'Italia al Patto Atlantico, consapevolmente andando incontro alla condanna, per lui dolorosa, della Resistenza social-comunista, rompe l'unità della organizzazione partigiana e fonda la FIAP, in contrapposizione all'ANPI per sottrarre al controllo del comunismo di osservanza staliniana la tradizione antifascista e resistenziale e preservarne così, come di fatto è avvenuto, il potenziale unitario.
Riccardo Lombardi, di fresco entrato nel partito socialista, si cimenta, con l'appoggio di Alberto Jacometti, nella temeraria impresa di rovesciarne la maggioranza frontista, sull'onda della volontà di riscossa autonomista dopo la sconfitta del 18 aprile. Fu un successo effimero, che pagò con anni di isolamento: aveva avuto il torto di aver ragione prima del tempo.
Codignola e Calamandrei scelgono il versante socialdemocratico, trattati, diceva Codignola, come meteci, gli stranieri nell'antica Grecia ai quali veniva riconosciuta una cittadinanza dimezzata, la libertà ma non i diritti politici. Il Ponte, la rivista fondata da Calamandrei, al suo fianco Enzo Enriques Agnoletti, Codignola editore, è la sola rivista italiana di cultura politica che ha respiro europeo, che si sottrae alla egemonia comunista e la contrasta con successo, che non fa dell'anticomunismo una ideologia, che difende, con armi manovrate da un maestro del diritto dell'altezza di Piero Calamandrei, tutte le libertà dall'offensiva preannunciata da Mario Scelba contro il 'culturame' democratico, laico e protestantico, in nome di un clericalismo rozzo e provinciale, esaltato dal voto del 18 aprile.
Bobbio impegna coi comunisti un serrato dibattito, aperto allo scambio, ma rigidamente intransigente nell'avversione alle dottrine e alle pratiche dello stalinismo, immette autorevolmente nella cultura politica di sinistra autori che socialisti e comunisti avevano ignorati, come Rodolfo Mondolfo e Colorni.
Parri, tenace e infaticabile, facendo appello innanzi tutto a storici, come egli diceva, senza galloni, fonda l'Istituto per la storia del movimento di Liberazione, costruisce la rete degli Istituti di storia della Resistenza. Nella sua memoria era vivo il ricordo - fu lui a parlarmene - dell'apporto che avevano dato le Società di Storia Patria alla creazione e alla diffusione del mito che Benedetto Croce definì 'l'epopea sabaudo-garibaldina' e al consolidamento, su di esso, del consenso alla monarchia liberale. Con i suoi Istituti, Parri volle e seppe superare di gran lunga il modello, per rigore di metodo, per efficienza organizzativa, per impegno civile, sottraendo il patrimonio etico-politico della Resistenza a strumentalizzazioni di parte, facendone al tempo stesso, senza forzature, strumenti di enorme importanza ai fini della motivazione storica del mito della Resistenza quale 'secondo Risorgimento' e della formula della Costituzione come 'nata dalla Resistenza'. Con gli scritti, con i discorsi, con le epigrafi, Calamandrei si fa il grande propagandista di queste idee, il poeta in prosa: quel che fu Carducci, ha notato Aldo Garosci, per il Risorgimento.
Parlare degli azionisti dopo la fine del loro partito come degli 'utili idioti' del comunismo staliniano è offesa che si reca non a loro ma alla verità della storia.
Quel che c'è di vero è che anche negli inverni più rigidi della guerra fredda la loro opposizione al comunismo non concede mai nulla allo spirito di crociata dell'anticomunismo professionale.
C'è, certamente, tra le componenti di questo atteggiamento un sentimento di solidarietà combattentistica nato e alimentato dalla conoscenza diretta dell'eroismo di cui i comunisti hanno dato prova nella Resistenza. Prevalente e determinante è però la convinzione che il problema di fondo di cui la Resistenza ha posto le premesse, ma non ha risolto, quello ereditato dal Risorgimento di una rigenerazione d'Italia nel segno della democrazia, esige l'apporto attivo delle forze che il comunismo rappresenta, esige l'innesto nel patrimonio etico-politico della nazione, a conclusione di un processo di revisione, di depurazione, di decantazione, dell'apporto di idee, di valori, di sacrifici, della tradizione comunista italiana, da Gramsci ai fratelli Cervi.[continua]
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