Notizie dalla Russia

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L'Avvocato del Diavolo
view post Posted on 28/1/2008, 19:22




Inauguro il topic da dedicare alla Russia, che con Putin sta riscoprendo la sua vena imperialista, portandoci forse verso una nuova "Guerra Fredda"...



Putin cancella l'unico avversario


• da Corriere della Sera del 28 gennaio 2008, pag. 1


di Franco Venturini


Quello di Vladimir Putin sta diventando un vizio: più consolida il suo enorme potere, e più ha paura di perderlo. La commissione elettorale per le presidenziali del 2 marzo ha cancellato ieri la candidatura di Mikhail Kasyanov, sostenendo che ottantamila dei due milioni di firme necessarie per entrare in lizza sono risultate false. Intendiamoci, Kasyanov non è uno stinco di santo.

Per quattro anni, fino al licenziamento nel 2004, Kasyanov è stato il Primo ministro di Putin, e molti russi lo chiamano «Misha due per cento» alludendo alle tangenti che avrebbe avuto l'abitudine di chiedere quando apparteneva alla nomenklatura russa. Nemmeno si può dire che Kasyanov rappresentasse davvero la frastagliata opposizione al Cremlino, visto che il suo tentativo di candidarsi aveva attirato i commenti sarcastici persino di Gary Kasparov.

Ma anche la commissione elettorale non è propriamente un organo super partes implacabile custode della legalità. Piuttosto, essa è parte integrante del «sistema» putiniano che ha gestito le consultazioni legislative dello scorso dicembre e le loro flagranti irregolarità, dal voto «consigliato» in tutte le strutture pubbliche alla parzialità scandalosa dei media televisivi.

E allora, visto che nella Russia di oggi tutto ruota attorno al potere di Putin e alle sue convenienze, era opportuno per il capo del Cremlino lasciare che le elezioni del 2 marzo diventassero un esercizio di sapore sovietico con tre candidati già pronti a convivere con il vincitore designato, quel Dmitri Medvedev che Vladimir Putin ha scelto come delfino-successore? Era proprio necessario annullare la candidatura dell'unico per quanto discutibile avversario del potere costituito, al quale peraltro i sondaggi attribuivano soltanto l'un per cento dei suffragi? Era saggio per Putin indebolire ulteriormente la già fragile legittimità formale delle elezioni presidenziali, alimentando nel contempo la tesi di quei comunisti che suggeriscono al loro leader Zyuganov di ritirarsi in modo da rendere palese la scarsa consistenza democratica della prova delle urne?

Forse Putin non voleva che Kasyanov, nei pur ristretti spazi mediatici riservati a ogni candidato «nemico», sparasse sul Cremlino più di quanto siano disposti a fare gli altri tre. Forse lo zar in procinto di passare a Medvedev una corona fasulla e di tenere per sé quella vera non voleva correre alcun tipo di rischio sulla necessità, del tutto ipotetica, di dover ricorrere al ballottaggio. Forse Putin vuole che la partita si giochi tra Medvedev e Zyuganov, tra un fedelissimo modernizzatore e la bandiera comunista del passato, sperando di obbligare così anche l'Occidente a tifare per il primo come accadde nel 1996 (quando il blocco Eltsin-oligarchi fu sostenuto con ogni mezzo per sconfiggere il Pc).

Forse. Ma quel che è certo è che Vladimir Putin, con l'eliminazione della candidatura Kasyanov, dimostra ancora una volta di fidarsi poco della sua stessa popolarità. In otto anni di presidenza, Putin ha sì creato un sistema autoritario e accentratore lontano dal modello occidentale di democrazia, ma ha anche rilanciato l'economia, ha promosso un nuovo benessere sociale che lentamente si va diffondendo, ha favorito la nascita di un settore dei servizi che mai prima era esistito da quelle parti, ha in gran parte ristabilito il prestigio e il peso della Russia nel mondo. Tutto ciò gli vale il settanta per cento di consensi tra i suoi compatrioti. È davvero necessario, allora, «normalizzare» capillarmente l'informazione? È necessario controllare la magistratura, impegnare l'apparato statale per incanalare il voto dei russi, indulgere in una polemica anti-occidentale che piace ai nazionalisti più accesi (altra cosa è la legittima affermazione degli interessi nazionali)?

Dmitri Medvedev ha promesso nei giorni scorsi che la «marcia verso la democrazia» continuerà, ma che il traguardo è una democrazia rispettosa delle tradizioni e delle realtà russe. Questo lo sapevamo, ed è storicamente inevitabile. Ma occorreva togliere alle elezioni presidenziali l'ultimo granello di sale, per mantenere una rotta molto proclamata e poco rispettata? Dalla sua nuova poltrona, forse quella di premier, dopo marzo sarà ancora Putin a guidare la nave Russia. E se continuerà a non fidarsi del suo popolo, la promessa di Medvedev resterà sulla carta.
 
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L'Avvocato del Diavolo
view post Posted on 31/1/2008, 11:10




Medvedev punta su 'Forza Russia'

Il leader comunista Ziuganov ripesca immagini dell'Urss


Medvedev punta su 'Forza Russia'(ANSA) - MOSCA, 30 GEN - Nella campagna per le presidenziali del 2 marzo Dmitri Medvedev puntera' sul suo mentore Vladimir Putin e sullo slogan 'Forza Russia'. Il leader comunista Ghennadi Ziuganov usera' invece immagini della vecchia Urss. Il candidato ultranazionalista Vladimir Zhirinovski, invece, sara' protagonista di 60 spot su altrettanti problemi del Paese. Andrei Bogdanov, infine, sconosciuto leader dello sconosciuto partito democratico, si esibira' come pescatore e cuoco in video artigianali.

30 Gen 16:09

RUSSIA: il 51% la vuole "POTENZA MONDIALE"
28/01/2008

28 gen. - I Russi vogliono che Dmitri Medvedev riporti la Russia allo "status di potenza mondiale rispettata". Lo pensa il 51% secondo un sondaggio condotto dal centro demoscopico Levada. In base all'analisi la maggioranza della popolazione ritiene che il prossimo presidente dovrà far tornare a volare l'Aquila bicipite all'apice dello scacchiere mondiale.

medvedev33_280x200.jpgInteressante è la percentuale del campione che non si ritiene "europeo": il 59%. Mentre per il 61% la democrazia può portare il livello di vita della popolazione di un gradino superiore.

Gli altri compiti del successore di Vladimir Putin sono per il 45% un rafforzamento della legge e dell'ordine, per un altro 41% una differenziazione delle tasse più giusta nell'interesse delle persone meno abbienti. E ancora un 23% chiede al futuro capo di Stato di "finire la guerra in Cecenia" (nel 2004 era il 43%).
Medvedev è attualmente all'82% nei sondaggi che lo vedono sicuro vincitore del prossimo voto del 2 marzo.
L'attuale leader del Cremlino, Putin, ha indicato nel delfino Medvedev il suo successore, chiedendo alla popolazione di sostenere tale scelta. Attualmente il "prescelto" ricopre la doppia carica di primo vicepremier e presidente del colosso dell'oro blu russo Gazprom. (Apcom)
 
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L'Avvocato del Diavolo
view post Posted on 1/2/2008, 09:57




Russia: plebiscito per Medvedev

Secondo sondaggio al 74,8% nelle presidenziali di marzo


Russia: plebiscito per Medvedev(ANSA) - MOSCA, 31 GEN - Il candidato del Cremlino alle elezioni presidenziali russe di marzo, Dmitri Medvedev, otterrebbe il 74,8% dei voti secondo un sondaggio. Stando all'inchiesta, condotta dal centro Vtsiom e pubblicata dalle agenzie russe, il leader comunista Ghennadi Ziuganov si piazzerebbe al secondo posto con il 12,8%, superando l'eccentrico Vladimir Zhirinovski, fermo all'11,5% dei consensi. Il quarto candidato, Andrei Bogdanov, otterrebbe lo 0.9%. L'affluenza, stando al sondaggio, sarebbe del 70,7%.

31 Gen 14:12
 
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L'Avvocato del Diavolo
view post Posted on 2/2/2008, 12:16




Il colosso russo Gazprom cambia i vertici alla sovietica


di Piero Sinatti


commenti - | | 31 gennaio 2008


Fino a pochi mesi fa, su Viktor Zubkov, il sessantacinquenne ex-presidente di sovkhoz e dallo scorso settembre premier del governo russo, si ipotizzava che sarebbe diventato il presidente del Paese, per conto di Putin. In un'intervista, Zubkov, non aveva escluso questa possibilità, confermata dalle sempre più frequenti apparizioni giornaliere nei principali telegiornali dei canali pubblici russi.
Poi il Kremlino ha designato il quarantaduenne brillante primo vicepremier Dmitrij Medvedev, che dal 2000 è anche presidente del consiglio di amministrazione di Gazprom. Zubkov ha riposto i suoi sogni nel cassetto per sempre.
Ora, però, gli sarebbero stati riservati due posti, non solo di consolazione: gli stessi finora occupati proprio dal delfino di Putin.


Il futuro CdA di Gazprom: i nomi in corsa

La nomina di Zubkov dovrebbe avvenire il 4 febbraio quando si procederà al rinnovo del CdA o "Consiglio (Sovet) dei Direttori" – del monopolio.
Secondo quanto è apparso tra ieri e oggi sulle principali agenzie e giornali russi rappresenteranno il maggior azionista della compagnia – lo Stato (51% del pacchetto azionario) – oltre a Zubkov, la ministra dell'economia e commercio estero Elvira Nabiullina (succeduta pochi mesi a German Gref, passato a dirigere una delle maggiori banche russe, la Sberbank: uscirà dal consiglio di Gazprom). Il ministro per l'industria e l'energia Viktor Khristenko e il suo vice Andrei Dement'ev. Il vicedirettore dell'Agenzia di gestione della proprietà statale Jurij Medvedev (solo omonimo del successore di Putin). Inoltre saranno confermati nel Consiglio dei direttori l'ex-ministro dell'energia Igor' Jusufov e l'ex-ministro per i rapporti di proprietà Farit Gazizullin (vecchia guardia Gazprom).

Tra i rappresentanti degli azionisti privati, saranno riconfermati Burkhard Bergmann, CEO della tedesca E.On Ruhrgas (con Gazprom è dal 2006 maggiore azionista della compagnia russo-tedesca che costruisce il "North European Gas Pipeline"o baltico), il gestore dei fondi d'investimento Boris Fjodorov (già ministro delle finanze in epoca eltsiniana) e l'attuale vice di Miller Ananenkov.
Quanto all'attuale AD (in carica dal 2001), il quarantatreenne Aleksej Miller sarà confermato nel "Sovet dei direttori" e nella carica di amministratore delegato (CEO) del colosso energetico russo.


Gazprom: un libro

Come si vede, non ci sono novità nel rinnovo del CdA. E neppure nella strategia di espansione di Gazprom, in un quadro internazionale segnato da forti pressioni contrarie, specie in materie di reti di trasporto, tra Ucraina e Asia centrale.
Sarà un caso, ma sta per uscire in Russia, dopo essere stato presentato a metà gennaio a Berlino, un libro sul monopolio, dal titolo rivelatore: "Gazprom: la nuova arma russa". Gli autori, Mikhajl Zygar' e Valerij Panjushkin, giornalisti economici rispettivamente dei quotidiani "Kommersant" e di "Vedomosti", raccontano l'intera storia della holding, nata nel 1989 per intuizione dell'allora ministro sovietico del gas Viktor Chernomyrdin.
Particolarmente interessante la descrizione del rapporto tra Gazporm e potere politico. In particolare l'ascesa degli uomini di Putin alla direzione dell'azienda e la contemporanea emarginazione e allontanamento dei suoi fondatori e manager storici: tra cui emergono il pensionamento di Rem Vjakhirev e l'esilio a Kiev, come ambasciatore, imposto (in stile sovietico) all'ideatore e fondatore Chernomyrdin. Personalità cui rapporti della CIA e la voce comune attribuiscono grandi patrimoni accumulati gestendo Gazprom.
Hanno sostituito la vecchia guardia, manager e funzionari pietroburghesi che dirigevano nella città baltica aziende legate a quella municipalità dove aveva lavorato per un quinquennio lo stesso Putin, come vicesindaco e responsabile dei rapporti esteri.


Aleksej Miller

Particolarmente pungente è il ritratto di Akleksej Miller: economista, aveva diretto l'Ente porto marittimo pietroburghese e altre società di piccola dimensione. Compiti di poco rilievo se commisurati al ruolo enorme che Putin gli affida, ponendolo (nel 2001) al vertice esecutivo di Gazprom.
Miller si distinguerebbe non per creatività e spirito d'iniziativa, ma per una straordinaria capacità di ascoltare, prendere nota, tacere ed eseguire gli ordini che riceve da Putin: non per niente il presidente uscente veniva indicato come possibile nuovo leader di Gazprom.
Miller è noto come rabotjaga, sgobbone. Entra in ufficio prima delle otto del mattino e ne esce verso mezzanotte.
È sempre presente, ma all'ombra di Putin, nella trattative per i grandi accordi internazionali su forniture di gas e costruzione dei gasdotti internazionali.
Tuttavia, è con lui AD e con Dmitrij Medvedev presidente (dal 2000) che Gazprom è diventata un'azienda leader nel mondo e come tale un efficace strumento per la nuova ascesa di Mosca sulla scena della politica ed economica internazionale.
C'è da chiedersi se il libro costituisca un tentativo di screditare Miller e con lui la gestione di Gazprom. Lo può far pensare (a noi che ne abbiamo letto solo alcuni stralci apparsi pochi giorni fa su "Kommersant") il momento topico in cui esce: si rinnova il CdA dell'azienda e incombono le presidenziali di marzo, in cui il presidente (uscente) di Gazprom, Dmitrij Medvedev, si profila come unico protagonista e vincitore indiscusso prima del voto.
 
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L'Avvocato del Diavolo
view post Posted on 3/3/2008, 15:35




La misura del Delfino


• da La Repubblica del 3 marzo 2008, pag. 1


di Sandro Viola

Com'è lineare, priva di incertezze e complicazioni, la politica in Russia. Se Putin dice di votare il suo partito, Russia Unita, due elettori su tre corrono a votarlo. E se dice di votare come suo successore al Cremlino Dmitrij Medvedev, il risultato non cambia.

Alle elezioni parlamentari del dicembre scorso Russia Unita aveva raccolto il 65 per cento, e il giovane Medvedev è asceso ieri sera alla presidenza con un risultato che - a computo non ancora concluso - sfiora il 66 per cento dei voti. Il metodo elettorale brevettato da Vladimir Putin funziona dunque come un orologio di gran marca. Non sbaglia un voto.

Tra l'altro, i calcoli elettorali erano stavolta più complicati, e il compito degli scrutatori molto più delicato, perché la vittoria di Medvedev non poteva oltrepassare un certo limite.

Il Delfino doveva infatti vincere largamente, ma non poteva certo raggiungere un risultato superiore a quel 71,3 per cento che Putin ottenne alle presidenziali del 2004. Sarebbe stato un atto di lesa maestà. Un risultato che avrebbe potuto mettere in discussione la grande popolarità di Putin, far calare un'ombra sui futuri rapporti tra il nuovo e l'ex presidente, e imprimere una scossa pericolosa alla saldezza del regime, già indebolita dagli attacchi che i vari potentati sorti in questi anni attorno a Putin e alle ricchezze russe, s'erano lanciati nei mesi scorsi attorno al problema della successione.

Ma niente paura, il metodo elettorale Putin ha funzionato ancora una volta perfettamente. E infatti le televisioni del regime ne tessono l'elogio. Sono state elezioni libere, affermano, e lo si vede con i voti ottenuti dagli altri candidati. Ma la verità è che anche gli altri candidati hanno raccolto quel che si fa loro raccogliere ad ogni elezione: il 15-16 per cento i comunisti e il 10-11 Zhirinovskij, il clown al guinzaglio del Cremlino. Mentre il solo personaggio nuovo, l'indipendente (e stravagante) Bogdanov, ha avuto l'1 per cento.




Basta adesso, però, col metodo elettorale Putin. I lettori dei giornali europei sanno già da tempo come si svolgono le elezioni in Russia, e possono da soli valutare e commentare i risultati di queste presidenziali. Più interessante può essere invece dare ancora un'occhiata all'eletto di ieri sera, Dmitrji Medvedev.

Perché una cosa è certa. Tra qualche settimana, quando al Cremlino avverrà il passaggio formale delle consegne, all'apice del potere moscovita ci sarà un personaggio diverso, e per certi aspetti assai diverso, da tutti quelli che vi s'erano succeduti dalla rivoluzione russa in poi. Vale a dire da poco più di novant'anni.

Medvedev non è infatti un rivoluzionario di professione come Lenin o Stalin, né un "apparatcik" del partito comunista dell'Urss diplomato per corrispondenza come Kruscev, Breznev, Cernienko o Eltsin. Non è un uomo di media istruzione emerso da una lunga e grigia carriera nella burocrazia del partito come Gorbaciov, non un capo del Kgb come Andropov, e neppure un ex tenente colonnello dello stesso Kgb come Putin.

Insomma, Dmitrij Medvedev non ha nulla a che fare con le biografie personali e politiche dei suoi predecessori, comunisti e post-comunisti, al Cremlino.
Per studi, formazione giuridica, esperienza del mondo economico e buona conoscenza dell'inglese, somiglia non poco ad un politico europeo, un francese, un tedesco, uno spagnolo. Proviene infatti da una famiglia d'intellettuali, e avendo solo 42 anni non ha fatto a tempo, prima del crollo dell'Urss e del comunismo, ad avere rapporti politicamente significativi con uno o un altro settore del sistema sovietico. La facoltà di giurisprudenza a Pietroburgo dove s'è laureato negli anni Ottanta aveva una vaga fama di ambiente liberale, e il suo primo lavoro è stato al Comune di Pietroburgo (a quel tempo ancora Leningrado) col sindaco Anatolij Sobchak, anche lui considerato un liberale.

È vero: proprio al Comune di Pietroburgo avviene il suo incontro con Putin, che si rivelerà l'evento centrale, decisivo, nella vita di Medvedev. Siamo alla fine degli Ottanta, e da allora i due non si sono infatti più allontanati. La irresistibile ascesa del giovane giurista sarà tutta trainata da Vladimir Putin, divenuto nel '99 primo ministro e il primo gennaio 2000, con le dimissioni di Eltsin, presidente della Federazione russa. Prima le importanti cariche nella segreteria di Putin, poi la presidenza del colosso Gazprom, quindi la nomina a primo vice-primo ministro, e ieri sera l'elezione a capo dello Stato. Il tutto in soli otto anni.

Lasciamo da parte per ora i dubbi emersi già a dicembre, dopo che Putin aveva designato Medvedev come suo successore. Quali margini di vera indipendenza, quali poteri effettivi potrà avere il nuovo presidente, essendo debitore d'ogni fase della sua carriera, una carriera davvero napoleonica, all'ex ufficiale del Kgb incontrato una ventina d'anni fa al Comune di Pietroburgo.

Lasciamo da parte questi dubbi e interrogativi, perché per ora nessuno sa esattamente come funzionerà la Russia della Reggenza, con un Medvedev che al momento sembra un re minorenne sotto la tutela di Vladimir Putin. Per capire qualcosa bisognerà aspettare almeno un anno, un anno e mezzo, se e quando verranno pian piano estromessi i capi dei clan che cumulano oggi il potere politico e il potere economico in Russia.

Quel che resta, però, è l'anomalia del personaggio sullo sfondo della transizione post-comunista. L'uomo con cui tratteranno nei prossimi mesi i governi europei e l'amministrazione americana. Il quale non ha il volto impenetrabile né i modi spigolosi di Putin, ma al contrario il sorriso cordiale, il tratto business-like, d'uno dei suoi colleghi in Occidente. E infatti non è un caso che la comunità internazionale degli affari aveva sempre puntato, in vista della successione, sul suo nome.

Oggi almeno, quindi, immaginare Medvedev con la grinta, la tracotanza che Putin ha esibito dal marzo 2006, dal discorso di Monaco, nei confronti degli occidentali, riesce difficile. Difficile immaginarlo mentre ripete anche lui che sta per far puntare i missili nucleari sulle città europee, che ha dato l'ordine ai bombardieri strategici di riprendere i voli di pattugliamento. Insomma, dimostrarsi sulla scena internazionale il clone del suo Grande Elettore.

Ci si può sbagliare, questo è ovvio, specie quando si fanno ipotesi sulla base dell'aspetto fisico delle persone. Ma un abbassamento dei toni nelle relazioni con l'Occidente non è da scartare. I dissidi restano, dallo scudo spaziale all'allargamento della Nato e al Kossovo (tutte questioni su cui nessun governante russo può fare sconti), ma il linguaggio potrebbe farsi meno tracotante. La Russia ha un mare di gravi problemi interni, lo sviluppo economico, le crepe affiorate ultimamente nell'edificio del regime, e una pausa nell'antagonismo putiniano con l'Occidente può esserle utile.
 
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Chaos Phoenix
view post Posted on 3/3/2008, 19:13




Una scelta strategica di Putin,quella di scegliere un successero dal volto meno duro.Staremo a vedere..
 
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L'Avvocato del Diavolo
view post Posted on 26/3/2008, 15:16




La guerra fredda che l’Europa deve evitare


• da Il Messaggero del 26 marzo 2008, pag. 1


di Carlo Jean

Da un paio di anni, Stati Uniti e Russia stanno confrontandosi con toni quasi da guerra fredda. La rivalità si è acutizzata lo scorso febbraio, con la dichiarazione d’indipendenza del Kosovo e la conseguente umiliazione subita da Mosca nel vederla riconosciuta anche dai maggiori Paesi europei. Da allora si è assistito ad un’escalation di “botte e risposte”. Le ultime iniziative russe sono state: il voto plebiscitario della Duma del 21 marzo (440 voti favorevoli e nessuno contrario) a favore del riconoscimento dell’indipendenza dalla Georgia dell’Abkazia e dell’Ossezia del Sud e dell’aumento del numero dei “peacekeepers” russi schierati in tali regioni; l’annuncio, il 24 marzo, che le Forze armate raddoppieranno in un anno i loro approvvigionamenti di sistemi d’arma moderni; le accuse di spionaggio ad impiegati della britannica BP, che fanno temere una prossima nazionalizzazione delle sue concessioni petrolifere in Russia; l’annuncio, il 21 marzo, di una conferenza a Mosca per la pace in Palestina, competitiva con quella organizzata lo scorso novembre dagli Usa ad Annapolis.

Da parte americana, le “botte” sono state ancor più dure: la conferma delle proposte Usa nel summit Nato che si terrà a Bucarest dal 2 al 4 aprile dell’inizio delle procedure d’ammissione all’Alleanza dell’Ucraina e della Georgia, nonché dello schieramento di componenti del sistema antimissili Usa in Europa centrale; l’annuncio, il 19 marzo, della decisione di Bush di rendere il Kosovo eleggibile ad aiuti militari americani. Mentre i Russi hanno affidato le loro proteste a dichiarazioni verbali, gli Americani hanno agito in silenzio, con fredda determinazione. Hanno addirittura cercato di convincere i russi a non protestare troppo, inviando per la seconda volta a Mosca i loro Segretari di Stato e della Difesa. L’esito degli incontri tenutisi il 17 e 18 marzo è stato praticamente nullo. All’inizio sembrava che si giungesse ad un compromesso: accettazione tacita dei Russi per il Kosovo e per gli antimissili, contro la rinuncia americana ad allargare la Nato. Gli Usa non lo hanno accolto. Hanno preteso di avere partita vinta su tutti i fronti.

La seconda guerra fredda sarebbe molto diversa dalla prima. La Russia non è un’Urss più piccola. Lotta per la sua sopravvivenza. Demografia, economia e livello tecnologico della sua industria degli armamenti non le permettono di sostenere una competizione globale con l’Occidente. Le sue reazioni alle ambizioni ed iniziative Usa rafforzano la Nato ed anche l’Ue. Un confronto con l’Occidente faciliterebbe la penetrazione cinese in Asia Centrale ed in Estremo Oriente. Il riconoscimento dell'indipendenza dell’Abkazia e dell’Ossezia del Sud ai cui residenti è stata peraltro già concessa la cittadinanza russa produrrebbe un effetto boomerang: renderebbe inevitabile l’ammissione della Georgia alla Nato ed anche la richiesta di autonomia di varie regioni russe. Perciò Putin è estremamente cauto al riguardo.

Nella seconda guerra fredda muterebbe la posizione dell’Europa. Non è più divisa. Non dipende più dalla garanzia americana. Però, gli Usa non necessitano degli europei come nella guerra fredda. L’Ue continua invece ad aver bisogno della leadership statunitense: senza di essa si divide. La Germania ha ripreso la sua centralità geopolitica in Europa ed i suoi storici rapporti con Mosca. Anche per la sua dipendenza energetica, cerca di evitare un confronto fra Washington e Mosca, perché sa di doversi prima o poi allineare con la prima, anche per la crisi dell’asse franco-tedesco. La Francia di Sarkozy e soprattutto il Regno Unito sosterranno gli Usa, nelle forme che saranno forse discusse nel vertice franco-britannico di domani, 27 marzo. Gli interessi italiani sono identici a quelli tedeschi. È importante per Roma e Berlino evitare che la seconda guerra fredda da ipotesi si trasformi in realtà. Non sarà facile. La fase di transizione politica sia in Russia che negli Usa rende difficile ogni compromesso.
 
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6 replies since 28/1/2008, 19:22   185 views
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