LA “SICILIA PARALLELA” CREATA DA CUFFARO

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L'Avvocato del Diavolo
view post Posted on 7/2/2008, 23:50




Il Sole 24 Ore”, 3/02/08, pag. 9


LE RISORSE CHE SCOTTANO:

9 MILIARDI DI EURO (la ricca “torta” dei finanziamenti europei che sono arrivati sull’isola tra il 2000 e il 2006)

14,2 MILIARDI DI EURO (la spesa per investimenti nel 2005: nel 2000 era pari a 15,2 miliardi. Nello stesso periodo è salita del 3,5% la spesa delle amministrazioni pubbliche)

12,8 MILIONI DI EURO (i soldi riversati dalla “Regione parallela” agli incarichi di consulenza: la rete è cresciuta negli anni a dispetto di ogni invito dello Stato a limitare gli incarichi al minimo)



LA “SICILIA PARALLELA” CREATA DAL GOVERNATORE CUFFARO

di Roberto Galullo


“Gli incontri tra politici e capi riconosciuti della mafia agrigentina si svolgevano tranquillamente nella segreteria politica dell’onorevole Vincenzo Lo Giudice”. Il quale tra l’altro – lo ricordiamo – apparteneva all’Udc, il partito dell’ex Governatore Totò Cuffaro.
L’amministrazione parallela è nata dalle ceneri della giunta e del consiglio, meticolosamente svuotati in questi anni di poteri e miliardi, trasferiti in decine di aziende partecipate o controllate dalla Regione stessa. Un’assicurazione sulla vita politica: consensi e voti assicurati. Alla testa uomini fidati del presidente e della sua coalizione di centro-destra, così come nei dipartimenti regionali. E’ questa l’eredità con cui si dovrà confrontare chi prenderà il posto di Salvatore Cuffaro – condannato in primo grado a cinque anni per favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio senza, però, l’aggravante di aver aiutato l’associazione mafiosa – alla presidenza della Regione siciliana. Un’eredità che vede lo Stato all’angolo.

Le elezioni arrivano in un momento in cui Cosa Nostra è, grazie all’opera di magistrati e investigatori, al suo minimo storico a Palermo ed è innegabile che sia in difficoltà anche altrove. Ma in Sicilia il fattore M, come mafia, è sempre importante. Soprattutto se la posta economica in gioco è alta. E in questo caso la posta in gioco è altissima, visto che in ballo ci sono ancora una volta i fondi dell’Unione Europea.
Resta da capire come agirà Cosa nostra. Quella parte di politica con la propensione ad avere rapporti con la mafia, soprattutto in provincia di Trapani e Agrigento, oggi è in grande difficoltà. Forse a poco può servire, in un contesto di assuefazione culturale a Cosa Nostra e di collusione, l’aver prosciugato il patrimonio del boss latitante Matteo Messina Denaro, sequestrando 300 milioni al suo presunto prestanome, Giuseppe Grigoli.
Attenzione: Grigoli ha fondato il patrimonio grazie al business della grande distribuzione commerciale, alla quale Cosa Nostra guarda con sempre maggiore interesse perché si presta bene al riciclaggio del denaro sporco. In più la Gdo – in tutta l’isola sono attesi grandi centri per centinaia di milioni – offre la possibilità di un ennesimo patto scellerato con la politica locale.

La mafia cambia pelle come i camaleonti. Se da una parte ne è stata disarticolata la rete di sostegno in alcune zone della Sicilia, dall’altra resta sottotraccia, pronta a saltare su prossimi business con la connivenza di amministratori e dirigenti. A partire dalla partita che aprono i fondi europei, che finora qui hanno fallito nell’intento.

La ricca torta dei finanziamenti europei che hanno inondato l’isola (9 miliardi tra il 2000 e il 2006) non è servita a sviluppare l’economia. I dati Istat parlano chiaro: la spesa per investimenti dal 2000 al 2005 è passata da 15,2 a 14,2 miliardi (con un decremento dell’1,2%). Paradossale, visto che i fondi UE dovrebbero servire solo per nuovi investimenti. Nello stesso periodo, la spesa delle amministrazioni pubbliche è salita da 20,6 a 24,2 miliardi (con un aumento del 3,5%). Il quadro comunitario di sostegno, in altre parole, ha mantenuto la spesa corrente.

Bene fa Confindustria Sicilia – schierata come mai contro malaffare, mafia e malapolitica – a lanciare l’allarme sui rischi di una gestione che ricalchi gli errori del passato. E qui la Regione parallela creata da Cuffaro rientra in gioco. Tra le società partecipate, spiccano quelle di recente costituzione. In particolare tre: Sicilia e innovazione, Sicilia e servizi e Sicilia patrimonio immobiliare. Queste tre spa si troveranno a gestire per il periodo 2007/2013 decine di miliardi e sono destinate a dare un nuovo equilibrio economico a un’isola che vive da sempre in larga misura di proventi pubblici. Ma si tratta solo di una parte di un progetto più complesso che punta tutto sull’affidamento in house di iniziative finanziate con i fondi della UE: poco più di 886,1 milioni sono destinati a progetti da affidare agli enti strumentali della regione, su un totale di 6,5 miliardi.
Nelle posizioni di comando della sua amministrazione parallela, Cuffaro ha piazzato decine di uomini di comprovata fedeltà e per ringraziarli ha attinto a piene mani dal bilancio. La Regione parallela parte dunque dalla scelta degli uomini. “Il Sole 24 Ore” ha calcolato che per i soli 92 rappresentanti delle 22 società partecipate, a fine 2007 il compenso è stato di 2,7 milioni.

Spiccioli in confronto alla messe di denaro riversata dalla Regione parallela agli incarichi di consulenza. La rete – formata da migliaia di persone – è cresciuta negli anni a dispetto di ogni invito dello Stato a limitare gli incarichi al minimo: 10,2 milioni nel 2002, diventati 12,8 nel 2006.

Una rete di consulenti legata alla Regione parallela che ben si sposa – per contiguità – ai 12 assessorati che contano una pletora di dirigenti: 2.343. Quelli chiave – programmazione, agricoltura, sanità, formazione e turismo – sono in mano a un pool di dirigenti attaccati a Cuffaro e al centro-destra come l’edera. Il regno di Cuffaro è la Sanità, dove dal primo all’ultimo sono fedelissimi. “Nella Sanità – spiega Italo Tripi, segretario regionale della Cgil – è il cemento di tutte le corruttele, connivenze e potere”. “L’uomo di Cuffaro è l’assessore Roberto La Galla, un medico stimato – continua il responsabile della Cgil funzione pubblica, Teodoro Laconica – ma Cuffaro nella segreteria particolare dell’assessore ha un suo uomo che regola ogni traffico: chi entra e chi esce, e dirime ogni problema. Sembra un buttafuori da discoteca”.

Il capolavoro cuffariano è però quello delle Agenzie e delle società esterne alla Regione o da essa controllate al 100 per cento. Come l’Agenzia per i rifiuti e le acque (Arra). La presiede Felice Crosta, che non fa un passo che Cuffaro non voglia e che ha un budget milionario da spendere, oltre a un super-stipendio. Centinaia di milioni dei fondi strutturali e rapporti stretti con un altro centro di potere: i 27 Ato (Ambiti territoriali ottimali) in cui è suddivisa la Sicilia. Acqua e rifiuti: musica per le orecchie dei boss di Cosa Nostra che hanno interessi profondi nel ciclo legale e illegale della gestione, come testimonia anche un pizzino sequestrato a Bernardo Provengano, che tra i mille affari congiunti con la politica corrotta non dimenticava di dare un’occhiata e impartire ordini su una discarica di Ventimiglia di Sicilia.

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(ha collaborato Nino Amadore)

 
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